Il Matese, si sa, è terra di eccellenze agroalimentari, come i formaggi prodotti con il latte degli allevamenti ovini e bovini, i famosi i fagioli di Letino, la Cipolla di Alife, la patata di Reale e la lista è bella lunga. Oltre ai prodotti coltivati e lavorati dalle mani esperte dei nostri agricoltori e artigiani, chi ama passeggiare nei boschi sa bene quanti prodotti di crescita spontanea ci offre: fragoline di bosco, maggiorana, origano, castagne e funghi. Proprio tra questi ultimi ha acquistato un posto di onore il Tartufo.
Il Tartufo in Campania è già riconosciuto P.A.T. (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) per il Tartufo Nero di Bagnoli, il Tartufo di Colliano, il Tartufo Bianco di Ceppaloni, e il Tartufo Nero del Matese per il quale i comuni del Parco Regionale del Matese si fregiano di essere “Città del Tartufo".
Ma in questi giorni affollati di tristi notizie sui contagi, sulla crisi sociale ed economica che inizia ad interessare l’Italia in maniera ormai concreta, ce n’è una che può farci sentire ancora più orgogliosi della nostra Terra matesina. Come annuncia il dottore Vincenzo D’Andrea, presidente dell’Associazione Micologica del Matese, da un articolo sulla rivista La Gazzetta dei Sapori, la “Cerca e Cavatura del Tartufo in Italia” è stata candidata ad essere Patrimonio Immateriale dell’Umanità UNESCO.
“Il Tartufo rappresenta uno dei tanti beni spontanei di Madre Natura. Rafforzato dalla cultura dell’ uomo contadino” che, per alcune specie, l’ha saputo incrementare con la coltura. Ma come ogni bene naturale, spontaneo, ha da essere tutelato Non perché si estingua per mano dell’uomo (è più probabile che accada il contrario!) ma perché ogni bene offerto sia comprensivamente da conservare nei tempi a venire. In poche parole, cercato e cavato in modo “sostenibile”, spiega D’Andrea nel suo articolo.
Un riconoscimento importante che mette al sicuro anche il futuro di questa attività, e lo tutela ulteriormente. Una notizia che apre alla speranza, perché no, anche al futuro economico locale, fatto della raccolta (controllata) e della trasformazione alimentare di questo prodotto da parte di alcuni produttori locali. Come più volte incitato in questi giorni e come suggerito da più parti, ci toccherà presto promuovere e nutrirci del made in se vorremo dare una mano alla piccola economia locale e alle famiglie che vivono della produzione “matesina”.
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