In questo periodo per niente facile, parlare di argomenti tecnici e scientifici potrà sembrare anacronistico ma, è anche da questi piccoli segnali che dobbiamo trarre la speranza per una ripresa futura. Per questo motivo riportiamo un articolo scritto da Vincenzo D'Andrea, Medico Veterinario e Micologo, per il sito lagazzettadeisapori.it.
La Cultura del Tartufo, patrimonio dell’Umanità
Anche se questi giorni, particolarmente bui per il popolo italiano, offuscano ogni cosa, sapere che una tradizione ed una cultura, tipicamente italica, sia stata candidata ad essere Patrimonio Immateriale dell’Umanità UNESCO, è un bagliore nelle tenebre.
La “Cerca e Cavatura del Tartufo in Italia” è stata appena candidata ad ambire al riconoscimento di Patrimonio UNESCO proprio perché rappresenta un modo secolare di vivere l’ambiente naturale, godendo delle preziosità che spontaneamente dona. La cultura di un popolo che ha sempre saputo trarre il meglio dai propri luoghi di vita, ieri per resilienza, oggi per meritata vanità. Immutata resta la “Cultura” nel farlo.
La diversificata varietà naturale dei territori della Penisola ha permesso di approcciarsi in modo estremamente variegato alla cultura di cercare il Tartufo, misterioso e straordinario fungo, che dall’ipogeo si presta per dare ricchezza al gusto italiano. Dalle valli padane dell’Oltrepò Pavese, dove il micologo Carlo Vittadini, nei primi decenni dell’800 cominciò a descriverne scientificamente le 9 specie che chiamiamo “Tartufo”. Dalle Langhe, dove ha avuto il meritato successo planetario con Alba che rappresenta l’emblema del Tuber. Per la Romagna, fino al Friuli e scendendo lungo l’intero Appennino, sui due versanti, raggiungendo la Calabria e la Sicilia, anch’esse terre di Tartufo.
La Cultura della “Cerca e Cavatura” (perché questo è il giusto termine per rappresentare l’Arte di saper “andar per tartufi”) hanno una serie di sfaccettature, sottili e tradizionali, che rispecchiano appieno il modo di essere dei diversi popoli italici, uniti da un’unica Nazione ma differenti nel modo di approcciarsi al mondo che li circonda. Perché l’Italia, unica ed unita, è un mondo di tante culture e di tante genti. Inevitabilmente.
L’idea di candidare la “Cultura del Tartufo” a Patrimonio UNESCO è nata proprio da valutazioni etnologiche ed antropologiche italiane. Da una proposta di anni addietro di Giacomo Oddero, già Presidente del “Centro Studi del Tartufo” di Alba e supportato da studi antropologici dei professori Piercarlo Grimaldi e Gianfranco Molteni. Forte e decisivo, per il lavoro e la fatica profusa dei vertici (Presidente e Direttrice) della “Associazione Nazionale Città del Tartufo” e dei Tartufai d’Italia riuniti nella “Federazione Nazionale delle Associazione Tartufai Italiani”. Un lavoro sinergico che è di forte auspicio per l’ottenimento del riconoscimento, non come prestigio fine a se stesso, ma come ausilio a ricercare e supportare le Tradizioni italiche, uniche e forti di secolari conoscenze.
Il Tartufo rappresenta uno dei tanti beni spontanei di Madre Natura. Rafforzato dalla cultura dell’“uomo contadino” che, per alcune specie, l’ha saputo incrementare con la coltura. Ma come ogni bene naturale, spontaneo, ha da essere tutelato. Non perché si estingua per mano dell’uomo (è più probabile che accada il contrario!) ma perché ogni bene offerto sia comprensivamente da conservare nei tempi a venire. In poche parole, cercato e cavato in modo “sostenibile”. Riconoscere la “Cultura” di un’attività Patrimonio dell’Umanità è il miglior modo per tutelare l’attività stessa ed il frutto della sua “cerca e cavatura”.
E la Campania col Tartufo? Quanto ha a che fare con questo “frutto degli Dei”?
La Campania è “Terra di Tartufo”, tanto quanto le altre realtà d’Italia. La nostra Regione solo più di recente ha ridato evidenza a questa cultura ma, solo per andare ad un recente passato, sono ben documentati gli ultimi tre secoli che annoverano il Tartufo tra le peculiarità di alcuni territori. E non è poco!
Oggi il Tartufo in Campania è riconosciuto P.A.T. (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) per il Tartufo Nero di Bagnoli, Tartufo Nero del Matese, Tartufo di Colliano e Tartufo Bianco di Ceppaloni. Sempre in Campania alcune realtà si fregiano di essere “Città del Tartufo”: Bagnoli Irpino, Colliano, Ceppaloni ed i Comuni del Parco Regionale del Matese. Dietro queste realtà territoriali si cela un lavoro di saperi che rafforzano la “Cultura della Cerca e Cavatura del Tartufo”. Godere di un bene gastronomico e di una cultura di tradizioni è un’ulteriore forza per l’Italia che, anche attraverso questo orgoglio, patrimonio dell’intera Umanità, saprà risollevarsi.
È veramente il caso di dire, anche per questo “andrà tutto bene”!
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